Grandi opere: l’Oval di Torino

Il gigante al Lingotto

1. LA STRUTTURA ARCHITETTONICA

Un anello di 400 metri su cui si sono sfidati i campioni di velocità del pattinaggio olimpico. Un edificio interamente riconvertibile in padiglione fieristico nell’area del Lingotto: è il nuovo palasport Oval di Torino, il cui progetto architettonico è stato realizzato in collaborazione tra lo Studio Zoppini e Associati e lo Studio Hok Sport di Londra.

L’impatto emozionale è davvero forte. Innanzitutto per le dimensioni. La pista di ghiaccio lunga complessivamente 400 metri e larga 12,60 era collocata all’interno di una superficie coperta di 26.500 mq, con tribune mobili che potevano ospitare fino a 8.500 spettatori.

Ma quello che colpisce è l’eleganza della struttura. La copertura sospesa è sostenuta da grosse travi in acciaio e da un reticolo metallico interamente visibile. A nord una grande vetrata apre uno squarcio visivo sul Lingotto. Quindi, un’estetica molto lontana da quella del capannone industriale, con un comfort, anche acustico, sorprendente.

2. L’IMPIANTO DI ILLUMINAZIONE

Per l’Oval è stato realizzato un impianto luce dalle dimensioni impressionanti: 942 proiettori da 1.000 W a fascio largo e stretto (Titanio di Disano), che assicurano un valore di illuminamento di 3.500 lux orizzontali (con un coefficiente di uniformità di 0,8) e 1.400 lux verticali (con un coefficiente di uniformità di 0,8 – 0,7). In pratica, una luce senza ombre in tutti i punti dell’impianto. Tutto questo per rispondere ai severissimi criteri del Tobo (Torino Olympic Broadcasting Organisation), l’ente che certifica la rispondenza agli standard richiesti dal Comitato Olimpico.

L’impianto luci realizzato da Milano Progetti con la consulenza dei tecnici di Disano Illuminazione, oltre a raggiungere gli standard tecnici di cui si è detto, ha altre particolarità interessanti. Va citata innanzitutto la soluzione scelta per sospendere i proiettori, che sono ancorati con tiranti in acciaio a passerelle mobili collocate di traverso alle travi di sostegno alla copertura.

Una soluzione che presenta anche indubbi vantaggi estetici, dando maggiore risalto alla struttura soprastante. A tutti i proiettori è stata inoltre applicata una lamella schermante in corrispondenza del bulbo focale, per impedire che le lampade puntate sulla superficie ghiacciata generassero un fastidioso riflesso. Il puntamento dei proiettori ha richiesto un grande impegno: ognuno dei 942 apparecchi è stato posizionato utilizzando un’autoscala che ha dovuto districarsi tra i montanti della complessa struttura di copertura.

Per quanto riguarda l’utilizzo dell’edificio come padiglione fieristico, l’illuminazione verrà garantita da 123 proiettori da 1.000 W (Cromo di Disano) con fascio asimmetrico, che assicurano anche l’illuminazione di emergenza.

3. LA PAROLA AL PROGETTISTA

All’architetto Alessandro Zoppini abbiamo chiesto di indicarci gli obiettivi fondamentali del progetto.

“L’Oval è stato progettato con tre obiettivi fondamentali. Il primo era quello di costruire un edificio che garantisse le migliori performance per l’evento olimpico. Ma le Olimpiadi durano soltanto quindici giorni, mentre il palasport è destinato a una vita molto più lunga. Perciò il secondo obiettivo è stato quello di costruire un edificio in stretto rapporto con il Centro Congressi dell’adiacente Lingotto. In questo senso, l’Oval è l’unico edificio, tra quelli costruiti per i Giochi, che ha già una destinazione post-olimpica. Il terzo obiettivo è stato quello di progettare una costruzione che fosse elemento generatore di un più vasto progetto di riqualificazione urbana del quartiere del Lingotto. In quell’area è nato un nuovo sistema urbano, in cui rientrano il Villaggio Olimpico, il Centro Lingotto, l’Oval e tutto il contorno che sarà realizzato nell’ex area della Fiat. Il nostro edificio diventa un po’ il baricentro di questo sviluppo urbano.

Abbiamo fatto fin dall’inizio scelte di progettazione molto funzionali. L’Oval si presenta come un grosso scatolone di circa 220×110 m, nel quale sono già state previste le canalizzazioni con la griglia di 8×8 m, secondo gli standard fieristici attualmente in vigore. Inoltre, abbiamo dovuto progettare un impianto di refrigerazione e parallelamente di illuminazione, che rispondesse anche all’altro uso, quello olimpico.

L’altra caratteristica fondamentale del Lingotto è l’estrema ricchezza strutturale all’interno. Abbiamo voluto sviluppare questi concetti, ritenendo che il nostro edificio dovesse relazionarsi con quello che c ‘è intorno. Quindi l’Oval si presenta con una forma esterna estremamente semplice, quella di una grossa scatola di vetro, dalla quale emergono, però, tre grossi oggetti che abbiamo chiamato Pod. Nell’uso post-olimpico questi tre grossi oggetti di forma libera, che rompono la regolarità dell’involucro, realizzati in zinco titanio come tre grandi scafi di nave, ai quali sono stati applicati due livelli di fasciame, diventano il segnale degli accessi ai tre ambienti, in cui la sala grande potrà essere divisa durante l’uso fieristico. Dal punto di vista architettonico i Pod hanno anche un’altra importante funzione, quella di riportare la scala dell’edificio, che è alto 15 metri, lungo più di 200 metri, per più di 100 m di larghezza, a una scala più proporzionata alle dimensioni umane.

Questo ci porta al terzo elemento, quello della semplicità. Così come il Lingotto, anche l’Oval è estremamente semplice perché la semplicità poi permette anche semplicità d’utilizzo, facilità e chiarezza di gestione.

Zinco e titanio, i materiali impiegati per i Pod, si richiamano alle barche ipertecnologiche, ma anche alla tradizione automobilistica di Torino. Per gli altri materiali e per i colori vale il concetto della semplicità, abbiamo utilizzato il calcestruzzo a vista, la parte interna è stata realizzata per la maggior parte in legno, che è stato lasciato a vista, i canali sono stati lasciati con il colore originario dell’alluminio e così anche molti altri elementi architettonici, perché crediamo che il materiale abbia già in sé capacità espressive tali per cui non è necessario intervenire con i colori”.

[tratto da Lighting Magazine, anno II n. 3
Foto Guido Clerici
Si ringrazia Disano Illuminazione]

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