Arredare anche attraverso l’olfatto

Negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione a una progettazione che utilizza la percezione olfattiva come materiale di definizione di un luogo.

calendario_fiere_slideL’ingresso delle tecnologie nella definizione degli spazi ha un ruolo in questo processo. I media della comunicazione, che hanno stravolto le relazioni geometriche e temporali, antropologiche e prossemiche, di distanza e di vicinanza, hanno, nei confronti della percezione olfattiva, comportamenti alquanto singolari: da un lato sembrano non interessarsene, concentrate a potenziare le tecnologie del visibile e udibile; dall’altro sembrano invece alla ricerca di una complicità per rendere immanente quello che in realtà non è. L’olfatto, che è il senso dell’evanescenza, oggi viene impiegato per segnare una realtà.

L’immagine olfattiva possiede una particolare vividezza: mentre le percezioni tattili, visive e uditive si decompongono in mappe (colore, linee di orientamento, movimento, intensità luminosa), gli stimoli olfattivi non possono essere decomposti. La nostra percezione odorosa è olistica e non analitica. Per studiare qual è il processo sottostante a questa percezione, per capire come avviene la creazione delle immagini olfattive, si ritiene sia meglio studiare il cervello degli esperti, coloro che hanno una forte cultura odorosa. Vari esperimenti hanno dimostrato infatti che solo, o principalmente, nel cervello dei cosiddetti esperti si attivavano segnali mentre vengono sottoposti ad odori.

In ambito architettonico si possono individuare due principali ambiti di lavoro del progetto attento al senso dell’olfatto: quello che persegue una ricerca di autenticità a tutti i costi, con un approccio quasi ideologico, e quello legato al marketing emozionale dell’esperienza dei luoghi. Intervenire sull’odore, infatti, significa agire sulla sfera emozionale che gestisce gli aspetti motivazionali di una scelta. Per questa ragione il mondo olfattivo è l’ultima frontiera del marketing, della comunicazione e dell’arte.

Indubbiamente l’odore può essere un potente creatore di luoghi; esso, infatti, ha la peculiarità di far vivere spazi assenti, magari irreali, producendo però emozioni reali, reazioni corporee concrete, così come agisce la memoria.

 

Un aspetto che l’esperimento ha evidenziato è il fatto che l’interferenza retroattiva non tocca la memoria olfattiva, probabilmente perché essa ci protegge dai pericoli.

La sperimentazione ha testato non odori tipici, come caffè, perché se troppo comuni essi non evocano particolari memorie; bensì odori come quelli prodotti dal giglio di valle, dal vin brulè, dal cloro, dai chiodi di garofano, dal catrame. Proprio l’odore di catrame caratterizza uno dei progetti sensoriali realizzati da Clino Trini Castelli con Frazer McKimm e Karin Schneewind, intitolato Osmic Gate. Si trattava di una porta e un percorso che dovevano segnare l’ingresso a un circolo di golf a Cambridge. Il progetto si basava «sull’idea di contaminare un luogo del culto golfistico con una icona odorosa che appartiene agli albori della rivoluzione industriale … il percorso fu realizzato in legno di pino norvegese, tagliato nelle misure standard delle traversine ferroviarie, e impregnato di creosoto». Il creosoto, derivato dalla distillazione di catrami minerali, è un impregnante antitarmico che aumenta la resistenza del legno agli agenti atmosferici. Esso aveva il ruolo di evocare l’odore iconico delle ferrovie di un tempo caratterizzando, in modo innovativo, un progetto che doveva anche essere riconosciuto come rispettoso della tradizione. Sul ruolo della progettazione attenta al senso dell’olfatto Trini Castelli afferma:

«Mi interessa da sempre collegare una percezione a qualcosa di oggettivabile: più un fenomeno è immateriale, più stranamente sento la necessità che questo sia collegato a un medium oggettivo. Questo approccio deriva forse dalla mia storia di industrial designer che ha provato a portare le dimensioni emozionali in seno al mondo dell’auto, dell’elettronica, della chimica, a partire da quella del colore. Alla fine degli anni settanta l’avvento del colore è stato una grande rivoluzione nella storia del progetto che bisognava poter pianificare, poiché comportava grandi investimenti. Oggi mi sembra di intravvedere la stessa rivoluzione anche nel mondo osmico e in quello del gusto, straordinariamente rappresentato dalla nuova cultura enologica. Le nuove generazioni si stanno, infatti, dedicando allo sviluppo della percezione di aspetti molto sottili, legati al mondo della soggettività; questo fenomeno evidenzia la nuova centralità dell’esperienza soggettiva, che è una rivoluzione epocale».

 

Tratto da Capitolo 5 di Now We Work. Progettare gli uffici dell’Innovazione

http://www.ilprisma.com/now-we-work/

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